Riserva Naturale

Grotta di S. Angelo Muxaro

La Riserva Naturale “Grotta di Sant’Angelo Muxaro” è ubicata nell’entroterra del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, ai piedi del colle di Sant’Angelo Muxaro, un rilievo gessoso tabulare alto circa 350 metri s.l.m., dove sorge l’omonimo centro abitato.

Il territorio della Riserva, esteso complessivamente circa 21 ettari, è suddiviso in due diverse aree in funzione delle caratteristiche ambientali e dei diversi obiettivi gestionali:

  • zona A di riserva, coincidente in superficie con l’ingresso principale della grotta e con l’inghiottitoio ubicato immediatamente ad ovest di questa (conosciuti localmente anche come “Grotta Ciavuli” o “Grutta Ciavuli”, la prima, e come “Inghiottitoio Infantino” il secondo); entrambi sono ubicati lungo il versante meridionale del colle di Sant’Angelo Muxaro; ricadono in zona A anche i percorsi ipogei che si sviluppano dalle due cavità, per una lunghezza totale di circa 1,7 Km;
  • zona B di preriserva, che tutela parte dei bacini idrografici che alimentano le due cavità carsiche: si tratta di due valli cieche incise sulle argille sottostanti i depositi evaporitici.

Dal 2015 il sistema carsico, solo in parte tutelato dalla riserva, è stato inserito, come geosito multiplo, con la denominazione “Sistema carsico di Sant’Angelo Muxaro”,  tra i Geositi istituiti della Regione Sicilia. La tutela, oltre alle due citate cavità, è stata estesa anche alla risorgenza del sistema carsico, la cavità, ubicata alle pendici del versante nord-occidentale dello stesso rilievo, dalla quale le acque dopo il percorso ipogeo si riversano nel Vallone del Ponte, tributario del Fiume Platani.

R.N. Grotta Sant’Angelo Muxaro

Via Messina, 1 – 92020
Sant’Angelo Muxaro (AG)

tel. 0922 919669 320 6580990

s.angelomuxaro@legambienteriserve.it

R.N. Grotta di S. Angelo Muxaro

Geologia

Il paesaggio di Sant’Angelo Muxaro è caratterizzato da rilievi costituiti da successioni di rocce evaporitiche (formatesi per evaporazione dell’acqua marina e conseguente precipitazione dei sali in essa disciolti) depositatesi nel Messiniano, circa sei milioni di anni fa, in concomitanza con l’isolamento del bacino del Mediterraneo dagli oceani. Tali sedimenti fanno parte della Serie Gessoso-Solfifera, ampiamente diffusa nella Sicilia Sud-Occidentale. I depositi evaporitici sono costituiti essenzialmente da calcari, gessi e sali di varia natura.

Nell’area l’assetto morfologico generale mostra una grande variabilità per la presenza di dorsali e rilievi isolati di natura prevalentemente gessosa, con quote variabili tra i 200 m e i 500 m s.l.m., che si elevano dal substrato argillo-marnoso, con ripide scarpate interessate da numerose frane di crollo.

I depositi evaporatici dell’area sono costituiti principalmente da gessi sotto forma di cristalli di svariate forme e dimensioni: gesso selenitico, gesso alabastrino, gesso balatino, gesso sericolitico, gessareniti; affioramenti di salgemma sono invece presenti a nord del centro abitato, lungo il Fiume Platani, le cui acque sono infatti salmastre.

Le rocce gessose sono soggette all’azione solvente dell’acqua; ciò ha determinato nel tempo la formazione di un tipico paesaggio carsico con forme di medie e grandi dimensioni, come doline, inghiottitoi, valli cieche, ecc., e di estensioni più ridotte come i diversi tipi di karren.

Il principale corso d’acqua è il Fiume Platani, che scorre a nord di Sant’Angelo Muxaro in direzione est-ovest; tributari del Platani sono il Vallone Gracella (conosciuto anche come Torrente Grovello, comprendente il Vallone di Margi Paolino e il Vallone Ponte o Vallone del Ponte) ed il Vallone Porcospino, posti rispettivamente a ovest e a est del centro abitato. Il corso d’acqua tributario del Vallone Gracella, che alimenta la Grotta di Sant’Angelo Muxaro, si ingrotta in corrispondenza del rilievo gessoso su cui sorge il centro abitato, assorbito dagli inghiottitoi presenti alla base del versante gessoso, per riaffiorare dalla risorgenza della Grotta Ciavuli; dopo un breve tragitto il corso d’acqua confluisce nel Vallone del Ponte (il toponimo deriva dal ponte naturale – forma che rientra fra la le morfologie carsiche – presente lungo l’alveo, testimonianza di antichi ingrottamenti del corso d’acqua).

La Grotta

La grotta Ciavuli

È questo il nome locale dato alla principale cavità tutelata (per la presenza costante nell’antro delle taccole, uccelli della famiglia dei corvidi, denominati in siciliano “ciàvuli”), un complesso carsico con una lunghezza complessiva di circa 1.700 m, formato dall’azione delle acque superficiali che confluiscono dalle valli cieche nei due inghiottitoi, per defluire poi dalla risorgenza dopo un percorso sotterraneo (le acque si ingrottano ad una quota di circa 173 metri e ritornano a scorrere in superficie ad una quota di circa 126 metri).

La grotta si articola in due rami: uno è attivo e si raggiunge discendendo in verticale, per un tratto di circa 10 m, attraverso un’area caratterizzata da grossi blocchi di roccia gessosa staccatisi dalla volta; il secondo è inattivo – nel suo tratto iniziale ed in quello finale – e costituisce la parte maggiormente conosciuta del sito tutelato; vi si accede con un percorso sub-pianeggiante attraverso l’ampio antro d’ingresso, illuminato da una grande apertura formatasi per il crollo della volta.

Procedendo lungo il ramo attivo, dove attualmente sono convogliati gli apporti idrici provenienti dall’esterno, esteso circa 170 metri, si entra in un ambiente dove il corso delle acque procede per suggestive cascatelle fino a confluire in un piccolo laghetto sifonante di qualche  decina di metri quadrati, in ambienti con morfologie a sezioni lenticolari progressivamente ridotte. Lungo la galleria, caratterizzata spesso da depositi fangosi, sono visibili splendide cristallizzazioni e una serie di forme riconducibili al fenomeno carsico nelle rocce evaporitiche, tra cui un’interessante colonna, molto rara nei gessi, una superficie fusiforme concrezionata con stalattiti e una cupoletta emisferica di qualche metro di diametro e profonda circa 40 cm.

Il ramo inattivo è raggiungibile attraverso due passaggi sovrapposti, collocati nella parte terminale dell’ampio antro; il tratto iniziale, che conduce in una grande sala di crollo, è caratterizzato da un condotto meandriforme, la cui sezione a forma di otto è riconducibile probabilmente alla fusione di gallerie sovrapposte. Dalla sala di crollo, che costituisce, dopo l’antro d’ingresso, l’ambiente di maggiore dimensione, è possibile, attraverso tre percorsi alternativi, raggiungere nuovamente il corso attuale delle acque (le due porzioni attive della cavità sono separate da un sifone); la galleria in questo tratto ha una sezione circolare e un’altezza media di 2 m. Il tratto successivo si articola attraverso una galleria a forra, interessata da numerosi crolli e dalla presenza di cospicui depositi alluvionali a componente argillosa; questo ramo prosegue sovrapponendosi per circa 80 m alla galleria inferiore attiva, alla quale si collega tra i blocchi di crollo in quattro settori. Proseguendo oltre e superando aree caratterizzate da cospicui accumuli fangosi, si raggiungono due laminatoi con altezza molto ridotta, oltrepassati i quali la galleria torna ad avere una sezione tale da consentire la posizione eretta. Lungo il percorso, oltre ad ammirare splendide cristallizzazioni gessose e suggestive fogge sinuose, s’incontrano interessanti camini di apporto e piccole sale di crollo. Le acque che scorrono lungo il fiume, dopo aver attraversato una stretta ed alta galleria dall’andamento meandriforme, confluiscono in un laghetto sifonante ubicato in una piccola saletta, caratterizzata da interessanti stratificazioni di gesso selenitico, che si apre lungo la parete occidentale della galleria principale.

Il tratto terminale della cavità, oltrepassata la saletta in cui è ubicato il laghetto sifonante, è l’altra porzione non più attiva della grotta, che si trova ad una quota maggiore rispetto alla menzionata saletta, e che si sviluppa verso il versante nord del rilievo gessoso. Questo ultimo ramo è costituito inizialmente da ambienti abbastanza ampi in cui sono presenti ingenti depositi a componente argillosa che hanno permesso la formazione di diverse forme paragenetiche; gli ambienti terminali si restringono progressivamente fino a diventare impraticabili e si spingono sino a pochi metri dalla superficie esterna, poco più a nord dell’attuale risorgenza del sistema carsico.

La Flora

La riserva si inserisce in un vasto comprensorio caratterizzato dalla presenza di numerosi habitat di interesse naturalistico corrispondenti ai contesti rupestri, agli ambienti d’acqua dolce e alle formazioni erbacee ed arbustive naturali e seminaturali. Nell’area protetta sono ben rappresentate le formazioni di prateria perenne ed annua, ricche di specie rare, e la vegetazione dei pendii rocciosi, caratterizzata da numerose piante grasse appartenenti al genere Sedum. Si osservano inoltre alcuni lembi di formazioni arbustive discontinue riconducibili alla gariga, che ospitano una flora ricca di specie di grande interesse scientifico e conservazionistico (tra le quali diverse bulbose).

La flora e la vegetazione pre-forestale e forestale

Sono stati rinvenuti aspetti di macchia rada termofila caratterizzati dalla presenza di Euphorbia dendroides, Pistacia lentiscus, Phlomis fruticosa, Olea europaea var. sylvestris, e nuclei di vegetazione forestale con Quercus virgiliana, Arbutus unedo, Poa trivialis subsp. sylvicola, Asparagus acutifolius, Rubia peregrina, ecc. In particolare i nuclei sparsi di quercia castagnara (Quercus virgiliana) presenti in c.da Mizzaro costituiscono una testimonianza importantissima della vegetazione forestale locale originaria. Sia gli aspetti di macchia rada che i nuclei di vegetazione forestale, spesso estremamente degradati e frammentati a causa della frequenza degli incendi, risultano in alcuni casi sostituiti da aspetti di gariga caratterizzata da Cistus salviifolius e C. creticus, Coridothymus capitatus, o di prateria ad Ampelodesma mauritanica.

La flora e la vegetazione rupicola dei gessi

Nei contesti rupestri e semirupestri sono stati rinvenuti aspetti di vegetazione rupicola di grande interesse scientifico-conservazionistico, con specie di grande interesse, spesso rare a livello regionale se non addirittura nazionale, come Diplotaxis crassifolia, S. ochroleucum, Brassica cfr. rupestris, ecc.

La flora e la vegetazione mio-alofila dei calanchi

Un particolare cenno merita la vegetazione dei calanchi di c.da Barone, a Sud del centro abitato, che ospitano un popolamento dell’endemita siculo Limonium calcarae, il secondo riscontrato nell’Agrigentino dopo quello trovato di recente presso San Biagio Platani e uno dei pochi noti per l’isola.

La flora e la vegetazione igro-idrofila

Interessanti aspetti di vegetazione igrofila si rinvengono in corrispondenza di alcuni impluvi esterni all’area protetta, in particolare nel comprensorio del Vallone Ponte. Si tratta di lembi di ripisilva a Salix pedicellata, Tamarix africana, Populus nigra e P. alba; tali aspetti residuali meritano un’adeguata protezione e diffusione per il ruolo benefico svolto sulla qualità complessiva del corso d’acqua, per la disponibilità di cibo e riparo fornita a diversi uccelli e per la loro relativa rarità a livello provinciale e regionale in genere.

La Fauna

Pur sembrando degli ambienti inospitali, le grotte nascondono una fauna ricca e diversificata, che in taluni casi ha sviluppato straordinarie capacità di adattamento all’ambiente sotterraneo. Frequentatori abituali delle grotte sono i chirotteri (pipistrelli), che, pur non essendovi relegati, hanno trovato negli ambienti ipogei delle condizioni microclimatiche ideali per lo svernamento, con temperature basse e costanti ed un elevato tasso di umidità dell’aria. Molte specie, di questi utili mammiferi divoratori di insetti, sono oggi a rischio di estinzione e pertanto rigorosamente protette da direttive comunitarie.

Gli studi sulla fauna condotti nella riserva hanno evidenziato un notevole interesse faunistico del Vallone Gracella, in particolare nella porzione denominata Vallone Ponte. L’importanza del sito è legata all’elevato numero di specie rinvenute ed alla presenza di specie ad elevato valore conservazionistico, che risultano ad oggi delle vere e proprie emergenze faunistiche o criticità.

Tra le specie o i popolamenti per cui risulta necessaria una particolare tutela si segnalano la testuggine palustre di Sicilia, specie endemica siciliana, presente lungo il Torrente Grovello, che rappresenta una specie particolarmente sensibile per il delicato equilibrio dell’habitat dulciacquicolo; il granchio di fiume, ampiamente diffuso lungo il Vallone Ponte e nella risorgenza della Grotta di Sant’Angelo Muxaro, che risulta ormai raro nei cosi d’acqua siciliani; la coturnice di Sicilia, specie il cui declino a livello di popolazione è purtroppo molto evidente, e che necessita di una corretta gestione dell’attività venatoria nel territorio siciliano; il falco lanario, frequentatore di prativi con piccole pareti rocciose, che necessita di un monitoraggio attento dei siti di nidificazione, affinché non vengano attuati prelievi illegali e vengano limitate le forme di disturbo.

Infine, la Grotta Ciavuli e le numerosissime cavità naturali presenti costituiscono zone dormitorio (roost) e di cura dei piccoli (nursery) per diverse specie di chirotteri che frequentano, e pertanto meritano azioni di tutela particolare, in considerazione dell’elevata sensibilità di queste specie di mammiferi.

Il comprensorio

Tre le aree di maggiore interesse naturalistico presenti nel territorio di Sant’Angelo Muxaro va sicuramente segnalato il Vallone del Ponte. Tributario del Fiume Platani, riveste, così come la “Grotta Ciavuli”, un notevole interesse per lo studio della circolazione idrica attuale e passata e della speleogenesi in rocce gessose; costituisce infatti uno dei siti in cui si concentrano innumerevoli macroforme e microforme carsiche epigee e grandi forme ipogee. Lungo il suo corso si concentrano innumerevoli macroforme carsiche: forre, grotte, inghiottitoi, risorgenze e trafori idrogeologici, che determinano un’alternanza di tratti sotterranei e tratti subaerei del fiume. Il complesso carsico è conosciuto con il nome “Grotte d’Acqua” ed è stato meta di studiosi sin dai secoli passati. Particolare interesse riveste lo studio condotto da Marinelli nel 1899, in cui vengono illustrati i risultati di un’escursione effettuata nell’area di Sant’Angelo Muxaro e di Santa Elisabetta fornendo un’accurata descrizione delle morfologie presenti integrata da una rappresentazione cartografica.

Altrettanto importanti sono gli aspetti faunistici e vegetazionali, come la vegetazione igrofila che si osserva in corrispondenza del vallone principale e lungo alcuni valloni secondari; numerosi sono gli habitat naturali riconducibili a quelli di interesse comunitario riportati negli allegati della Direttiva Habitat 92/43 CEE.

L’Ente Gestore ha incluso tali aree in un progetto di ampliamento della riserva presentato nel 2007 alla Ex Provincia Regionale di Agrigento e nel 2015 all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente della Regione Sicilia.

 

Per l’abbondanza e la ricchezza dei reperti archeologici, copiosamente diffusi in tutta l’area di Sant’Angelo Muxaro ed appartenenti a diverse epoche, molti studiosi ritengono che il sito sia stato abitato dai Sicani, popolo della Sicilia stanziato anticamente su gran parte dell’isola e a seguito all’avvento dei Siculi presente nella sola regione centro-meridionale dell’isola.

Il paese di Sant’Angelo Muxaro è nato come borgo agricolo appartenente al feudo della famiglia Chiaramonte, nei pressi della fortezza saracena sul M. Castello. Fu affidato da Re Martino a Raimondo Montecateno, in seguito divenne feudo della famiglia Pignatelli dei Duchi di Monteleone. Intorno al ’500, gli abitanti si trasferirono sulla vicina collina, in concomitanza con l’arrivo di un gruppo di profughi greco-albanesi, dando vita all’attuale centro abitato.

Il borgo, che domina la media Valle del Platani, ha un impianto a scacchiera irregolare con la grande piazza Umberto I su cui si affacciano alcuni palazzi signorili in parte rimaneggiati. Tra i principali monumenti sacri si segnalano la Chiesa dell’Itria, dove sono rintracciabili i legami storico-religiosi con gli Albanesi, e la Matrice, a pianta basilicale a tre navate, dove è conservato un interessante “Crocifisso” del 1700, in legno incapsulato in lamine d’argento.

Tra le feste si ricorda la Festa di Sant’Angelo Martire patrono del Paese (16 agosto) e la Sagra della Ricotta (6 gennaio).

Scavate nel colle di Sant’Angelo Muxaro e nelle zone circostanti, sono state ritrovate numerose tombe a tholos, le più grandiose della Sicilia; in esse sono inconfondibili i segni architettonici della cultura micenea. Oltre a stupire per la loro bellezza, queste necropoli protostoriche hanno restituito oggetti di gran pregio come grossi anelli in oro intagliato, anfore e brocche in ceramica decorata, gioielli di bronzo, oggi conservati nei musei archeologici di Agrigento, Palermo, Siracusa; il pezzo più importante rinvenuto in quest’area, una patera d’oro di rara bellezza, si trova al British Museum di Londra. È stato ipotizzato che qui si trovasse la mitica Kamicos, la città del re sicano Kokalos. La storia di Kokalos è intrecciata con la leggenda del labirinto di Dedalo e delle sorti del suo inventore. Quest’ultimo, per sottrarsi alla collera del re Minosse, avendo favorito l’amore della regina cretese con il Minotauro, fuggì da Creta con il figlio Icaro e ottenne rifugio presso Kamicos. Il re Kokalos in difficoltà, non potendo tradire l’ospite da un lato e temendo la potenza dell’esercito cretese dall’altro, giocò la carta dell’inganno: fingendo di riconsegnare Dedalo, invitò il re straniero a recarsi nella sua casa, dove, durante il bagno, lo fece uccidere dalle proprie figlie.

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