Il territorio della riserva è suddiviso in due diverse aree in funzione delle caratteristiche ambientali e dei diversi obiettivi gestionali:
• la zona A comprende l’intero sviluppo sotterraneo della grotta e una porzione esterna intorno agli ingressi dell’ipogeo;
• le zone B e zona B1, estese complessivamente 4,83 ettari, comprendono il bacino di alimentazione della grotta e l’area antistante gli ingressi dell’ipogeo, e costituiscono una zona “cuscinetto” tra la cavità tutelata e la zona esterna alla riserva.
Per l’importanza degli aspetti naturalistici e delle peculiarità scientifiche di natura geologica, dall 2017 la cavità è stata inoltre riconosciuta come Geosito ai sensi della L.R. n. 25 del 2012.
R. N. Grotta di Carburangeli
via del Geranio, 2
90044 Carini (PA)
Tel. 091 8676210
Coordinate GPS: 38°10’02.3″N 13°09’40.8″E oppure 38.167318, 13.161323
R.N. Grotta di Carburangeli
Geologia
L’area protetta ricade all’interno di un territorio in cui sono presenti rocce carbonatiche ed argillitiche risalenti ad un intervallo compreso tra l’Era Mesozoica (circa 225 milioni d’anni fa) e l’Era Quaternaria (ovvero l’Era attuale). Tali rocce, appartenenti a due distinti bacini di accumulo sedimentario, sono oggi ravvicinate e sovrapposte per effetto dei fenomeni di corrugamento crostale verificatesi negli ultimi 25 milioni anni.
Da un punto di vista paesaggistico l’intero comprensorio è il risultato della combinazione, da un lato, degli aspetti geologici delle rocce presenti e, dall’altro, dell’azione erosiva compiuta dagli agenti meteo/marini (pioggia, sole, ghiaccio, mare, ecc.). E’ possibile infatti distinguere due principali paesaggi fortemente differenziati l’uno dall’altro.
A Sud si può osservare la cintura montuosa che circonda il Golfo di Carini, caratterizzata dalla presenza di rilievi accentuati e da pendii generalmente scoscesi.
Nella porzione più settentrionale e più vicina al mare, invece, è presente un’ampia area pianeggiante formatasi in seguito alla lenta erosione compiuta dal Mar Tirreno durante le fasi di trasgressione e regressione marina quaternarie. La grotta di Carburangeli si apre proprio nell’ampia pianura costiera ai piedi di un antico terrazzo marino, a soli 22 metri sul livello medio del mare ed a 600 m dall’attuale linea di costa.
La Grotta
Genesi
A partire dai suoi ingressi posti alla base di una piccola balza rocciosa, la grotta di Carburangeli si sviluppa nel sottosuolo con un andamento orizzontale per circa 400 metri all’interno di rocce con composizione prevalentemente carbonatica. In particolare, nella parte iniziale la cavità si snoda all’interno delle calcareniti e dei conglomerati d’origine fluvio-marina (risalenti al Pleistocene), mentre nella parte più profonda l’ipogeo attraversa i calcari ed i calcari dolomitici del Triassico Superiore – Lias Inferiore. Si tratta di rocce particolarmente solubili in presenza di acqua (unita all’anidride carbonica), in un processo chimico molto diffuso in natura e noto nella letteratura geologica con il nome di carsismo. A questo fenomeno di corrosione esercitato dall’acqua in aggiunta all’anidride carbonica può essere attribuita la genesi della grotta di Carburangeli anche se, più nel dettaglio, recenti studi riconducono la cavità ad un’origine carsico-marina legata ai fenomeni di dissoluzione delle rocce carbonatiche per effetto della miscela di acqua dolce con l’acqua salata (secondo il modello delle “flank margin cave”).
Le concrezioni e le forme di dissoluzione
L’origine e l’evoluzione delle cavità carsiche è strettamente legata all’azione svolta dalle acque nel sottosuolo che, oltre ad esercitare una lenta corrosione delle rocce, sono responsabili anche della formazione delle concrezioni carbonatiche a seguito della precipitazione dei sali minerali disciolti. All’interno della grotta di Carburangeli, questa duplice azione svolta dall’acqua ha lasciato esempi tangibili determinando differenze morfologiche tra gli ambienti più vicini agli ingressi e quelli più profondi.
Il tetto e le pareti del primo vano della cavità, infatti, sono segnati dalla presenza di suggestive ondulazioni poco profonde ed asimmetriche, note con il nome “scallops”, che indicano il prevalere dei processi di corrosione chimica su quelli di concrezionamento.
Più in profondità invece il riempimento da parte delle concrezioni carbonatiche assume un carattere prevalente. Dall’acqua di gocciolamento, infatti, si sono formate una gran varietà di speleotemi tipici delle grotte temperate calde, quali le stalattiti, le stalagmiti, le colate calcitiche, ecc. che, svelati per pochi istanti dall’illuminazione del casco degli speleologi, creano incantevoli giochi di luci e di ombre.
Ambiente e Fossili
Ambiente e fauna
Le grotte in genere sono caratterizzate da una temperatura pressoché costante, da una elevatissima umidità dell’aria e dall’assoluta assenza di luce.
Sebbene non adatte alla vita delle piante (organismi alla base nella catena alimentare), le grotte sono comunque ambienti popolati da animali cavernicoli che riescono a trarre il necessario nutrimento dal detrito organico trasportato dalle acque, dai batteri autotrofi o dal guano dei Pipistrelli. Si tratta di piccoli organismi (insetti, crostacei, ragni, millepiedi, molluschi, ecc.), adattati alle estreme condizioni ambientali ipogee, spesso caratterizzati da modifiche degli organi di senso, dalla variazione dei cicli biologici e da fenomeni di depigmentazione (perdita di colore).
La grotta di Carburangeli ospita anche esemplari di pipistrelli, appartenenti alla famiglia dei Vespertilionidi e dei Rinolofidi, che rivestono un importantissimo ruolo ecologico per la loro dieta a base di insetti.
Per la protezione degli equilibri ambientali cavernicoli l’Ente gestore della Riserva ha avviato un monitoraggio dei parametri climatici ipogei attraverso il quale è possibile regolamentare, in maniera compatibile, l’attività di fruizione.
I fossili
Durante le campagne di scavo eseguite nel corso degli ultimi secoli all’interno della grotta di Carburangeli ed in altre cavità limitrofe dell’area carinese, sono stati rinvenuti numerosi resti fossili appartenenti a specie animali ormai non più presenti in Sicilia come l’elefante, l’orso, la iena, il bisonte ed il cervo. Si tratta di animali arrivati fin qui dall’Africa e dalla penisola italica attraverso alcuni passaggi naturali, detti “ponti”, che si sono formati in seguito all’abbassamento del livello del mare durante le glaciazioni quaternarie. Quando questi passaggi si sono interrotti, gli animali che sono rimasti isolati in Sicilia si sono adattati alle condizioni ecologiche qui presenti, evolvendosi in nuove specie. Alcuni di essi, come gli elefanti, i bisonti ed i cervi, sono stati caratterizzati dalla diminuzione della taglia, originando quella che viene chiamata “fauna nana”. Altri, al contrario, si sono differenziati dal ceppo originario per l’aumento delle dimensioni, come i ghiri e le tartarughe.
Di seguito è riportata la lista delle specie i cui resti sono stati rinvenuti nella grotta di Carburangeli; i reperti sono attualmente conservati nel Museo di Paleontologia “G. G. Gemmellaro” di Palermo:
- Elephas mnaidriensis (elefante)
- Ursus arctos (orso)
- Crocuta crocuta spelaea (iena)
- Canis lupus (lupo)
- Sus scrofa (cinghiale)
- Equus (cavallo)
- Bos (bue)
- Cervus elaphus siciliae (cervo)
- Dama dama (daino)
- Patella ferruginea (lamellibranco)
- Patella cerulea (lamellibranco)
- Trochus turbinatus (gasteropode)
Le tracce dell’Uomo
Da sempre le grotte hanno rappresentato un sicuro rifugio per l’uomo tanto che, al loro interno, è possibile rinvenire anche “tracce” della sua antica presenza. Si tratta generalmente di disegni eseguiti sulle pareti, di resti fossili e di arnesi primitivi che, risparmiati dall’azione del tempo, ci permettono oggi di ricostruire frammenti di vita dei nostri antenati.
Con il suo sviluppo orizzontale e con l’ampio ingresso collocato in un’area facilmente accessibile, la grotta di Carburangeli ha ospitato l’uomo preistorico proteggendolo dal freddo e dai predatori. Scavi archeologici eseguiti nel grande vano di ingresso hanno infatti riportato alla luce interessanti resti ed utensili risalenti ad un periodo compreso tra il Paleolitico e l’Età del Bronzo: lame, punte di selce utilizzate per la caccia, frammenti in pietra lavica riconducibili ad antiche macine e manufatti in terracotta. Accanto a questi reperti sono stati ritrovati anche gusci di patelle e di lumache, e frammenti ossei ormai fossilizzati di cervo, capra, cinghiale, bue e cavallo che si suppone siano resti di pasti.
Inoltre, ad ulteriore testimonianza dello stretto legame esistito tra gli uomini preistorici e la grotta di Carburangeli, si può osservare nella parete posta all’ingresso della cavità un disegno a carboncino che, ancora in fase di studio, sembra rappresentare uno stregone durante una cerimonia propiziatoria.
Il comprensorio
Abbracciata da un arco montuoso ricco di numerose sorgenti d’acqua, Carini domina dall’alto dei suoi 160 metri il golfo che va da Capo Raìs ad Isola delle Femmine. La favorevole conformazione geografica e la ricchezza del territorio hanno favorito la presenza dell’uomo sin dal lontano Paleolitico. A questo periodo risalgono i più antichi reperti archeologici rinvenuti, oltre che nella grotta di Carburangeli, anche in quelle di Puntali, di Maccagnone ed in altri siti sparsi sul territorio. L’origine dei primi villaggi stabili risale al 1.300 a.C., quando il re sicano Cocalo donò il territorio al mitico Dedalo per i servigi a lui resi. Viene così fondata la cittadina di Hykkara che prospererà fino al 414 a.C., data in cui gli ateniesi guidati da Nicia la rasero al suolo e ne deportarono gli abitanti. Ricostruita durante la dominazione romana Iccara acquista considerevole importanza divenendo sede di Vescovado; sono di questo periodo i multicolori mosaici di contrada San Nicola e le estese Catacombe scoperte nel 1899 dal Salinas presso Villagrazia di Carini. Da questo momento in poi le vicende storiche della città sono condizionate, come nel resto della Sicilia, dal susseguirsi delle dominazioni straniere (araba, normanna, francese, spagnola) che, di fatto, ne hanno influenzato l’evoluzione culturale ed architettonica.
Particolarmente importante è stato lo sviluppo politico ed economico di Carini nei quattro secoli (1397-1812) di dominio della famiglia La Grua Talamanca. A questo periodo risalgono i ripetuti interventi strutturali al Castello che, dall’alto della rupe su cui è posto, costituisce l’elemento architettonico sicuramente più rappresentativo della città.
Durante il periodo borbonico Carini è sede dei principali moti risorgimentali. Già nel 1848 le prime scintille patriottiche scaturiscono proprio dal paese, ed il Convento dei Carmelitani diviene la sede degli incontri fra i fomentatori della rivolta.